Siamo condannati ad amarci. Oppure a farci solo danno tutto il tempo, l'un l'altro, come imbecilli.

giovedì 25 febbraio 2010

Cadere in ginocchio piangendo e chiedere perdono davanti a Dio

Cadere in ginocchio.. con la testa vuota. Solo un imperativo che costringe a staccarsi da ogni altro pensiero; mentre c'è un punto nello sterno che sembra iniziare a vibrare, come se da lì passasse tutto il dolore del mondo. Un flusso che scorre arrivando da chissà dove.
Quando si placa le cose poi sembrano lontane.
Ma di nuovo si aprono le cateratte - sempre più spesso; a ondate: basta un titolo di giornale in un giorno qualunque.. Haiti. Teheran. Gente costretta a vivere in un sacco. Lapidazioni. Fili spinati, guerra. Un cane con gli occhi strabuzzati e la bocca legata, mandato al macello. Una legge sadica sulla caccia. Un'intercettazione sulla ricostruzione all'Aquila.
L'ondata di morte che in questo preciso momento travolge il Po e tutti gli animali innocenti che stanno pagando per primi.
Eppure i titoli ne fanno qualcosa di così.. distante. Solo pochi ne evocano un po' la vera gravità:
Petrolio nel Po: danni e morte per centinaia di chilometri, aperta un’inchiesta per disastro ambientale.
Cadere in ginocchio e chiedere perdono, ubbidendo a un'oscura sensazione che vibra anch'essa sordamente nell'anima. E' come un rumore che, si, fa vibrare qualche strana membrana - e dice che partecipare a questo dolore è necessario. Che condividerlo, stranamente, anziché amplificarlo, lo riduce. Una vibrazione che fa cadere in ginocchio.
Anche per "voi", che avete fatto questo.. Per tutti voi che ogni giorno lo fate e siete sordi, non sentite niente. Per tutti quelli che non sanno quello che fanno.

7 commenti:

  1. "La membrana del timpano è un diaframma di forma ovale, leggermente concavo verso l'esterno, che divide l'apparato acustico esterno dalla cavità del timpano. Dall'esterno riceve le onde sonore e, vibrando, le trasmette alla catena degli ossicini dell'udito. Questi hanno nomi che ne evocano le forme: martello, incudine, staffa... collegati tra loro, con la finestra vestibolare e con la parete del timpano trasmettono al vestibolo le intense vibrazioni della membrana. Queste si trasformano così in vibrazioni più piccole e più energiche, e i suoni vengono intensificati e poi, con altri complessi sistemi, tarati per non essere eccessivi; e così le informazioni auditive giungono al cervello".
    Udire.
    Sentire.
    Essere sordi.
    Tapparsi le orecchie.
    Inchiavardarsi l'anima.

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  2. Chiedere perdono a un qualcuno che non esiste?

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  3. chiedere perdono e basta. Ciò a cui non crediamo forse non esiste. Io credo seriamente che quel "Dio" sia l'anima collettiva che ci ricomprende tutti, e dunque anche di ogni singola creatura che viene straziata da chi si è reso sordo alla propria anima.
    Io credo seriamente, anche, che chi strazia sia dannatamente più sfigato e disgraziato di chi è straziato.
    Io non so perché ne sono così certa.. ma so profondamente dentro di me che è necessario chiedere perdono, anche per tutte quelle cose in cui, direttamente, noi nn abbiamo avuto nessun concorso.

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  4. Cara Gioia, condivido le tue idee, eppure faccio ancora una gran fatica a non friggere d'odio dinnanzi a queste cose.
    Solo la consapevolezza che il mio odio non scalfirà nulla, mentre l'amore può, solo tutte le letture su questo, riescono - e neanche sempre - a ricondurmi a non emettere odio o rabbia. Ma a emettere amore e perdono per chi nuoce ai più indifesi di tutti gli indifesi, gli Animali, io proprio non riesco.
    Sil.
    (Silente Efesina su facebook).

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  5. Hai ragione cara Silente... ti rispondo qui, dato che nn hai un blog: prima, molto PRIMA che per loro.. sento un'urgenza a chiedere perdono in NOME loro, che nn si sognano neanche di farlo.
    Io sento molto bene che noi siamo un unico organismo, in cui ognuno è strettamente collegato all'altro, e al cui benessere o rovina ciascuno concorre: proprio come dentro di noi lo sono le cellule. Infatti penso che - all'incontrario - perfino ogni cellula di qualunque organismo sia perfettamente cosciente, certo: come noi lo siamo - anche se i livelli di coscienza magari sono diversi.
    Questi poveracci, questi coglioni, che pensano di fare qualcosa a "qualcun altro".. quando uccidono, inquinano, usano la morte come merce di scambio, e scappano col malloppo... stanno massacrando se stessi come i coglioni che sono.
    E poi c'è il discorso dell' "odio".. l'odio è un sentimento strano, come la gioia. La gioa è diretta emanazione dell'amore, e l'odio diretta emanazione della paura: se l'amore nutre la "loggia bianca" (come si dice in senso metafisico), la seconda nutre, sempre, immancabilmente, la "loggia nera"... a questa io non voglio partecipare, e l'odio non è da meno. Lo so che è impossibile non provarlo, di fronte a certe cose: ma preferisco chiamarlo indignazione. Preferisco perfino cercare dentro di me un po' di pietà per questi coglioni sordi e ciechi, che si credono furbi, e pian piano mi rendo conto che non li odio affatto, neanche un po'.. il che nn vuol dire che se potessi nn li combatterei con tutti i mezzi.
    E con ciò nn voglio dire che senz'altro ho ragione.. ho cercato di spiegarti cosa, e come, sento dentro, profondamente....
    d'altronde, che ci posso fare... come dicevo già a Matteo.. sono miss Partitodellamore!!

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  6. Ti ringrazio, Gioia, di questa tua risposta così bella. Credimi: spero di aver compreso ogni sfumatura di ciò che hai detto, e razionalmente ed emotivamente mi sento con te, compartecipe delle tue idee.
    Io ti parlavo, infatti, di una mia difficoltà, non di una presa di posizione.

    Ti racconto un mio esercizio che faccio quando sto male. Non me l'ha insegnato nessuno, ma funziona e perciò lo voglio condividere con te.
    Quando sto male ma sento che già comincio a rialzarmi, allora sono nelle condizioni di aiutartmi. Inizio a camminare in cerchio, intorno al tavolo della cucina, e penso alle cose per cui mi sento grata. Cerco di ricreare in me delle emozioni.
    Poi - e questa fase è la ragione per cui te ne parlo, perché tu hai nominato le cellule e questo mio esercizio, forse un po' balengo, riguarda proprio loro - inizio a dirmi: "Le mie cellule sono piene di gioia." e SENTO che il mio umore migliora, che il mio corpo si rasserena.
    Quando pronuncio quella frase è perché già mi sono caricata di gioia, e provo una sensazione... Mi troverai sciocca, forse, ma io te la dico lo stesso: provo una sensazione... Come se il mio corpo intero ridesse. Ma non è un riso che esca dalla bocca, anzi non lo esterno affatto, se non sorridendo, ma è come... Se le mie cellule ridessero, come se fossero, appunto, piene di gioia.

    E' questo è ciò che ti auguro oggi: sii piena di gioia.
    Sil.

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  7. ma... è fichissimo!!!!!! lo farò di sicuro anch'io questo esercizio. Io sono balenga ESATTAMENTE in questo modo. E infatti.. bè si, ogni tanto cado in ginocchio.. ma in genere in tutto il resto del tempo sono proprio un'oca giuliva.

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